ROMA – Governo Draghi al capolinea. Alla fine ha prevalso la linea di chi, per motivi di contingenze elettorali e per ripicca (per non parlare di vendetta politica), ha deciso di “staccare la spina” all’esecutivo del leader internazionale già alla guida della Bce. Ciò principalmente a causa delle scelte di 5 Stelle, Forza Italia e Lega. Ora il voto anticipato che sarà fissato i primi di ottobre con, tra l’altro, la finanziaria da approvare e soprattutto la condizione generale di forte criticità per la guerra, crisi e pandemia. Insomma, a dir poco, una scelta molto azzardata e per alcuni scellerata. D’altra parte tutto è iniziato con l’implosione dei 5 Stelle che quasi certamente porterà alla vittoria elettorale del Centrodestra.
Passa la fiducia al premier Draghi in Senato, ma con soli 95 voti favorevoli: il risultato più basso che il governo ha ottenuto in questa legislatura. Un numero esiguo per proseguire il cammino del governo. Il presidente del Consiglio annuncerà giovedì mattina nell’aula della Camera, all’inizio della discussione generale, la propria intenzione di andare a dimettersi al Quirinale. La seduta è convocata per le ore 9:00.
Mario Draghi non ha più la maggioranza. Alla fine di una giornata “di follia”, come la riassume il segretario del Pd Enrico Letta, il non voto in Senato da parte non solo del Movimento 5 Stelle ma anche del “centrodestra di governo”, come hanno continuato a definirsi fino all’ultimo Lega e Forza Italia, certifica la fine delle larghissime intese. Non c’è più quella unità nazionale che, nelle parole del premier in Aula, garantiva “legittimità democratica ed efficacia” all’esecutivo. La fiducia, tecnicamente