Il dogma è una verità considerata assoluta. Esso è adottato dalle religioni per parlare di quelle verità della fede che formano l’impalcatura di ciò a cui si crede. La Trinità è un dogma della fede cristiana, per esempio, che distingue il cristianesimo dall’ebraismo e dall’islam. Tali verità sono considerate rivelate, cioè comunicate direttamente da Dio, e perciò indiscutibili e innegabili. Tralascio di spiegare teologicamente la rivelazione, perchè non riguarda il tema di questa mia riflessione, ma quanto mi piacerebbe sfidare qualche ateo convinto anche su questo terreno!
Il dogma non appartiene alla scienza, le cui verità non sono considerate assolute bensì perfettibili, cioè possono essere sempre perfezionate. Popper parlava di verità “falsificabili”, nel senso che una verità scientifica è sempre superabile da un’altra verità dello stesso tipo (e che proceda con lo stesso metodo). Anche la filosofia, almeno quella che dice di essersi emancipata dalla religione, non adotta verità dogmatiche, per cui nascono i vari rami dell’agnosticismo, del relativismo, dello scetticismo ecc. La verità non esiste, dicono, o se esiste non possiamo conoscerla. Oppure esistono tante verità, come se possa esistere una verità che ne neghi un’altra. Già Aristotele metteva in evidenza la contraddizione degli scettici: dicono che la verità non esiste e così facendo vogliono imporne una, la loro!
In politica le visioni ideologiche adottano dei dogmi anche se non lo si ammette. Infatti le ideologie non possono definirsi laiche, in quanto sono schiave dei loro paradigmi, li ritengono insuperabili e indiscutibili. Nel comunismo, per esempio, il padrone è il nemico; nel liberalismo invece l’operaio è considerato solo una variante della produzione.
Questa lunga premessa per arrivare al tema della scuola e al pericolo che siano imposti dogmi laicisti che negano il principio della democrazia interna e quello del valore della legge. La scuola pubblica è indubbiamente una scuola laica, non perchè lo dico io o qualcun altro, bensì perchè il sapere e la trasmissione della cultura sono azioni che si nutrono di laicità, nel senso che il loro progresso non può essere limitato nè da pregiudizi di natura religiosa nè da autoritarismi di tipo politico. Nelle decisioni dei dirigenti scolastici che hanno negato a un Vescovo di visitare una scuola, a delle mamme di animare dei canti natalizi, agli alunni di poter realizzare un presepio, intravedo due comportamenti scorretti: il primo sul piano della legge; il secondo sul piano del metodo e della democrazia interna della scuola. In pratica impongono un dogma laico che non esiste: eliminare i segni religiosi dalle scuole!
Ai tanti difensori della Costituzione Italiana e della sua laicità ricordo che all’art. 7 abbiamo i Patti Lateranensi. Essi regolano i rapporti tra Chiesa e Stato, partendo dal presupposto che una buona parte di cittadini italiani vivono una doppia appartenenza: quella di cittadini e quella di fedeli. Ne consegue che le due istituzioni, per quanto libere e sovrane nei rispettivi ordinamenti, hanno ritenuto giusto concordare alcune azioni, in maniera tale che non si creino contrasti nella vita in società. La scuola pubblica rientra tra questi accordi, e con la Revisione del 1984 si è deciso che, per chi vuole avvalersene, è garantito l’insegnamento della religione cattolica in ogni ordine e grado di scuola. Non perchè la religione cattolica sia religione di Stato (da quell’anno non lo è più) ma perchè essa fa parte del patrimonio culturale del popolo italiano. Ora, diciamola una volta per tutte, con i bambini realizzare un presepio o organizzare un concerto natalizio, rientra tra le attività previste da tale insegnamento. Impedire che ciò si realizzi, anche in nome di chissà quale progetto di inclusione degli alunni che non fanno religione, a me personalmente sembra un abuso di potere da parte del dirigente scolastico, che ha il compito di far applicare le leggi e non di cambiarle a suo insindacabile giudizio e piacimento. Potrei anche elencare quanti elementi di sana laicità ci siano in un presepio (per esempio l’accoglienza) o in un concerto natalizio, ma penso basti quanto detto per evidenziare l’inadeguatezza di certe prese di posizione. Mi si potrà rispondere che la legge va cambiata, perchè è cambiata la società e la sensibilità religiosa. Benissimo, allora che si operi in tal senso, ma nelle sedi opportune e non negli uffici del dirigente scolastico.
Veniamo al tema della democrazia interna della scuola. Ammettiamo che un Vescovo, ma anche un artista, uno scrittore, un Imam, un giornalista, il Dalai Lama in persona chiedessero di parlare agli alunni di una scuola. Chi decide se possano o non possano farlo? Ebbene, in questi casi e davanti a regolare richiesta per iscritto, presentata con un po’ di giorni in anticipo, il dirigente scolastico dovrebbe informare il Consiglio d’Istituto e chiederne la convocazione per deliberare a tal proposito. Invece alcuni dirigenti hanno agito motu proprio, altri convocando il collegio dei docenti. Quindi escludendo il parere di tutte le rappresentanze elettive che operano nella scuola, in primis i genitori. Al massimo il dirigente poteva raccogliere il parere del collegio dei docenti, per presentarlo al Consiglio d’Istituto in forma non vincolante, perchè è quest’ultimo che ha il potere di decidere chi e quando può entrare nella scuola per parlare agli alunni durante la normale attività scolastica. Si chiama democrazia!
Invece, in nome di una laicità mal interpretata oppure di un dogma laicista, per alcuni dirigenti i segni della religione cristiana non sarebbero rispettosi delle altre culture, anzi creerebbero separazione tra studenti cristiani e non cristiani. Quindi, per rispettare la libertà di tutti, meglio eliminarli. Classico esempio di “libertà per sottrazione”, tipico delle dittature! Loro però la chiamano inclusione, oppure integrazione, senza considerare che il Natale e i suoi segni (da quando San Francesco inventò il presepio, lo stesso San Francesco che incontrò il sultano a rischio della vita), sono da sempre un simbolo di fratellanza universale, più potente di qualsiasi altra iniziativa, fosse anche una ridicola festa d’inverno. Mi dispiace dirlo, ma una scuola multietnica e che sappia arricchirsi delle diversità culturali deve ancora nascere. Quello che abbiamo visto sino ad oggi è solo una caricatura, dove il protagonismo dei dirigenti eccede alla loro funzione e dove gli stranieri sono considerati incapaci di difendersi o disinteressati ai nostri costumi, replicando così atteggiamenti paternalistici che con la laicità della scuola non hanno niente da condividere, ma neppure con la realtà.
*Tonio Mura (nella foto), algherese, con Enrico Loffredo ha fondato il gruppo di Città Solidale ed è stato segretario cittadino dei DS, quasi sino allo scioglimento e trasformazione del partito in PD. Attualmente è tesserato del PSD’AZ e faccio il militante semplice.