ALGHERO – La fase 2 sta decisamente generando scompiglio nel nostro Paese, non tanto per un sostanziale differimento della ripartenza dopo il 4 maggio, quanto per una oggettiva mancanza di chiarezza dei provvedimenti annunciati dal Governo da incrociare con le ordinanze Regionali che si sono succedute. Dopo due mesi di chiusura totale, continuare ad avere così poche certezze non è utile al sistema economico del nostro Paese in generale; ancor di meno lo è per quello della nostra Isola.
In questo contesto le recenti dichiarazioni del Presidente Solinas riguardo alla ripartenza delle attività produttive, e in particolare modo quelle legate al turismo, meritano una attenta riflessione. Se, da una parte, è condivisibile la strategia di comunicare l’idea di un’Isola sicura per i propri abitanti e per i turisti che sceglieranno di venire per le proprie vacanze, dall’altra la tattica adottata risulta essere non appropriata. Anzi, vi è un alto rischio di procurare danni rilevanti al sistema ricettivo sardo.
Risulta poco comprensibile l’idea di voler “anticipare” a tutti i costi i provvedimenti del Governo in merito a spostamenti a fini turistici soprattutto se vengono ipotizzate procedure, ad oggi, difficili da implementare e non utili al fine di “proteggere” la Sardegna da ipotesi di contagio dall’esterno. Il Presidente Solinas ha infatti delineato lo scenario per un “accesso sicuro” per la Sardegna con l’obbligo di presentare per chi volesse questa estate fare le vacanze nella nostra Isola un passaporto sanitario che includa: un tampone fatto almeno sette giorni prima di partire, misurazioni di temperatura corporea alla partenza e all’arrivo, controlli con un kit diagnostico all’arrivo; controlli degli spostamenti una volta arrivati in Sardegna con apposita App.
Non entro nel merito dell’ affidabilità, ancora da dimostrare, dei kit diagnostici, men che meno sulle caratteristiche dell’app che verrà alla fine utilizzata per il controllo degli spostamenti degli italiani; mi soffermo invece sull’aspetto più controverso fra le varie procedure, quella relativa al tampone.
Penso che l’obbligo di tampone prima della partenza per la Sardegna non sia praticabile e non protegga nessuno dall’ipotesi di contagio. Tutti oramai sanno che il tampone di per sé fotografa una situazione fino a tre giorni prima del prelievo. Fare quindi il tampone almeno sette giorni prima, come ipotizzato dalla Regione, presuppone che il potenziale turista abbia dieci giorni di tempo per incubare il virus, con il rischio che possa essere positivo al suo arrivo in Sardegna, vanificando quindi ogni sforzo da parte della Regione.
Ancor prima di arrivare a questo, è bene tenere a mente quale sia stato fino a oggi il comportamento di tutte le Regioni in materia di tamponi. In questi mesi sono stati effettuati solo in caso di sintomo conclamato e/o con una situazione clinica già compromessa e non sono stati garantiti nemmeno agli operatori sanitari; è quindi plausibile credere che vengano effettuati a chi vuol andare in vacanza? Avranno, le Regioni, ampia disponibilità di reagenti e personale di laboratorio da mettere a disposizione per queste evenienza? Consentiranno cioè a chi vorrà andare in vacanza di effettuare i tamponi, e saranno in grado di restituirne i risultati nelle tempistiche coerenti con la data di partenza?
Occorre comunque ricordare che a prescindere dal risultato del tampone le strutture ricettive dovranno ottemperare alle disposizioni in materia di igiene per cui già oggi si stanno organizzando: distanza sociale, termo scanner, mascherine, guanti, gel igienizzanti, piani di sanificazione degli ambienti comuni, camere e biancherie. E’ quindi altamente probabile che le attività ricettive si debbano trasformare in strutture ad elevato controllo sanitario, ed è forse qui, con le conoscenze che si hanno oggi, che si può delineare una modalità di accoglienza e soggiorno sicuro per tutti. In questo momento infatti questi dispositivi e queste pratiche sono le uniche, vere barriere contro la diffusione del contagio le sole ritenute oggettivamente e realmente efficaci dalle Istituzioni sanitarie internazionali, nonché da quelle governative.
Auspico in tal senso che Regione e Governo lavorino davvero con spirito di collaborazione e definire pratiche di buon senso, oggettivamente riconosciute e davvero efficaci per consentire viaggi legati al turismo ma anche brevi visite a parenti stretti che vivono lontani e che giustamente desiderano potersi rivedere.
Stefano Lubrano, ex-Sindaco e imprenditore alberghiero