ALGHERO – “Se c’è una cosa per cui una città può dirsi tale, nel Novecento, è grazie alla sua vita sociale. Un fluido che scorre nelle sue vie e che pulsa nei sui esercizi pubblici, nei caffè, nei bar, nei ristoranti. In questi luoghi nasce la cultura moderna, nei caffè parigini e viennesi del primo Novecento, nei ristoranti. Luoghi dove gli intellettuali si potevano incontrare e dove potevano osservare la società del periodo da un punto di vista unico. Luoghi dove sono nate idee, teorie, letteratura, filosofia”. Cosi il Comitato Horeca di Alghero che ancora attende, come il resto della città, la programmazione dei suoli pubblici delle attività che sono in proroga da diversi mesi
“Gli esercizi pubblici hanno continuato a contraddistinguere la qualità delle città europee in positivo. E le città turistiche, oggi, ne hanno un enorme bisogno. Perché senza la vita che scorre in essi non c’è città, dunque anche un minore interesse da parte dei potenziali visitatori, minori opportunità per i cittadini. Così come un ristorante è un luogo dove non si serve solo del cibo ma si vive un’intensa esperienza, così una città non è solo un luogo dove si dorme, si mangia, si lavora. E’ un luogo dove si abita. Abitare è qualcosa di più che risiedere. Senza i suoi pubblici esercizi, senza ristoranti, bar, caffè, anche Alghero è una città morta, disseccata, desertificata, senza più vita. I suoi locali sono un patrimonio che tutti dovrebbero difendere perché connaturato con le proprie stesse esistenze”.
“A volte, quando pensiamo alle nostre radici, ci rendiamo conto che facciamo anche riferimento ai profumi delle nostre vie, ai loro sapori. Che contraddistinguono e caratterizzano la nostra memoria. Nella fase che stiamo vivendo, l’epidemia mette a forte rischio questo patrimonio collettivo di cultura materiale. Cittadini e cittadine devono sentirsi chiamati a difenderlo per proteggere la stessa vita della loro città oltre alla sua prosperità materiale, cosa non secondaria. Certo, una intensa vita sociale, come quella di una città turistica, può portare stress. Per questo motivo vanno individuate sedi e strumenti opportuni di composizione del conflitto. L’innovazione organizzativa ed amministrativa sono decisive per generare una corretta convivenza fra le esigenze dei pubblici esercizi e quelle dei residenti. I primi ad averne consapevolezza sono gli imprenditori dell’accoglienza. Che conoscono bene il valore di una simbiosi armoniosa fra cittadini ed attività produttive dentro una città. Imprenditori senza i quali, spesso, le nostre strade, le nostre piazze sarebbero decisamente meno pulite, decorose, vive, piene di quanto rende piacevole non solo una vacanza ma la stessa vita in un città”.
“E’ per questo motivo che ogni tentativo di aprire conflitti da parte di gruppi che vivono la città contro altri gruppi, va a ledere un’armonia che è la base stessa del funzionamento urbano. I conflitti di per sé non sono un male, attraverso essi si può arrivare ad una composizione virtuosa. In questo momento le imprese algheresi hanno bisogno di sentire intorno ad esse una città che le spinge a trovare il coraggio per riaprire, non certo chi vada a verificare in modo ispettivo le loro attività con un approccio delatorio. Siamo certi che lo fanno per il bene di tutti e sono pronti a discutere con tutti e tutte come meglio definire uno scenario di sviluppo e di convivenza armoniosa, attraverso il contributo delle istituzioni, che devono adoperarsi per trovare strumenti di discussione pubblica e risoluzione dei conflitti innovativi ed efficaci”.
“Siamo anche pronti, naturalmente, qualora lo ritenessero necessario, a porre in essere ogni azione sia necessaria allo scopo di tutelare il lavoro di migliaia di cittadine e cittadini algheresi e la serenità di centinaia di famiglie messa in discussione dall’epidemia e, forse, da qualche presa di posizione opportunistica, poco attenta alla sofferenza reale e concreta, di chi opera nel comparto del “fuori casa”.