ALGHERO – Il Consiglio Comunale si è espresso questo pomeriggio all’unanimità contro l’ipotesi che la Sardegna possa diventare terra di depositi di rifiuti radioattivi. L’Assemblea civica ha approvato un ordine del Giorno sottoscritto da tutti i capigruppo consiliari con il quale impegna il Sindaco Mario Conoci e la Giunta Comunale “ad intraprendere ogni possibile iniziativa in tutte le sedi istituzionali deputate per esprimere e ribadire con la necessaria forza e determinazione la ferma volontà dei cittadini Algheresi contraria a qualsiasi ipotesi che la Sardegna possa essere considerata quale sede del deposito nazionale delle scorie e dei rifiuti radioattivi e a sviluppare ogni approfondimento tecnico e scientifico a supporto della posizione espressa”.
L’espressione dell’Assemblea Civica che riprende l’atto approvato dal Consiglio Regionale della Sardegna, arriva oggi in sincronia con tutti i Comuni della dell’Isola, così come deciso nell’assemblea dell’Anci del 13 gennaio alla quale hanno partecipato il Sindaco Mario Conoci e il Presidente del Consiglio Comunale Raffaele Salvatore. Maggioranza e opposizione uniti sul punto chiedono inoltre al Presidente del Consiglio Comunale Raffaele Salvatore “di coinvolgere, mediante i poteri di rappresentanza ad esso attribuiti, l’intero Consiglio Comunale nel prendere nella dovuta considerazione Le istanze sopra rappresentate che determinano e giustificano l’assoluto diniego della Sardegna allo stoccaggio delle scorie nucleari italiane sul proprio territorio”.
“La Sardegna ha pagato da tempo il proprio tributo alla solidarietà nazionale con la costituzione delle servitù militari – si sostiene nell’ordine del giorno – nell’Isola infatti il demanio militate permanentemente impegnato ammonta a 24.000 ettari, mentre in tutta la penisola italiana raggiunge i 16.000 ettari. A questa cifra vanno sommati i 12.000 ettari gravati da servitù militare. Inoltre gli spazi aerei e marittimi sottoposti a servitù militare raggiungono dimensioni veramente ragguardevoli; la presenza di servitù industriali, della chimica di Stato, non ha visto ancora bonifica alcuna, e i numerosi siti dismessi e improduttivi sottraggono alla collettività l’uso sostenibile delle risorse naturali, negando il diritto al controllo democratico del territorio e, soprattutto, il diritto fondamentale alla sicurezza, alla salute e alla vita”.