ALGHERO – A Napoli si è riscoperta l’acqua di mare. Sul “Venerdì” di Repubblica del 27 agosto scorso, nella rubrica “Scienze” mi ha colpito l’articolo di Ilaria Urbani dal titolo: “Pane all’acqua di mare per difendere il Pianeta”. Il pezzo, ricco di dati e di riferimenti scientifici, informa su un esperimento, chiamato Breadforfuture – per ricordarci che ormai esiste solo la lingua inglese e che Greta Thunberg è sempre più un punto di riferimento mondiale – frutto dell’incontro tra un ricercatore del CNR di Portici, Giuseppe Sorrentino, e un panettiere di Napoli, Rodolfo Molettieri. La grande scoperta, secondo Molettieri, “consiste nell’utilizzo dell’acqua di mare nel processo produttivo”.
A questo punto ho interrotto la lettura e mi è spuntato un sorriso leggermente spocchioso. Ma come? Dopo sette o otto secoli di pane impastato con farina e acqua del “pou salit”, ad Alghero, qualcuno scopre adesso l’acqua di mare?
Le donne algheresi, sin dalla fondazione del centro abitato hanno usato a profusione l’acqua salmastra del “pou salit” per il “pa punyat”, il “pa de sòu” e per tutte le altre varietà di pane, tra le quali il “bescuit”, diventato poi “galeta”, ed oggi scopriamo che a Napoli hanno inventato il pane all’acqua di mare per salvare il pianeta?
Poi mi fermo a riflettere e mi rendo conto che l’incapacità di trasferire informazioni sulla propria storia e le proprie tradizioni è un limite che si sconta. Se avessimo diffuso e fatto conoscere la secolare pratica locale di confezionare il pane con l’acqua salmastra ricavata dal “pou salit”, il ricercatore del CNR e il panificatore napoletano non avrebbero potuto attribuirsi il merito di questa grande ed importante scoperta.
La nostra storia: questa grande sconosciuta!
Tonino Budruni, professore, storico e scrittore