CAGLIARI – Il centrosinistra vince quando si fa progetto collettivo e convince quando pensa e costruisce il cambiamento attraverso meccanismi di partecipazione e condivisione avendo come obiettivo di estendere le opportunità, restringere le disuguaglianze ed includere le periferie sociali, territoriali e di prospettiva.
Questi erano sembrati i presupposti che alimentavano gli animi di chi sedeva al primo incontro del tavolo della coalizione del centrosinistra sardo, animato dalla volontà di contrastare il peggior governo della storia autonomista della Sardegna e costruire un’alternativa credibile per la guida della Regione.
Alla base ci sarebbe dovuta essere la condivisione di un metodo di lavoro pubblico, aperto, partecipato, in cui ogni forza politica presente avesse pari dignità di opinione. Attraverso un dibattito diffuso di tutte le parti sociali, intellettuali e produttive si sarebbero dovuti costruire spazi di confronto e di condivisione necessari all’elaborazione di un programma politico trasparente, coinvolgente ed inclusivo.
Due gli obiettivi al termine del primo tavolo di coalizione:
Abbattere l’astensionismo dilagante con un programma capace di ricreare entusiasmo e fiducia dei cittadini verso la politica.
Individuare entro il mese di settembre la figura da proporre alla guida della Regione.
La sensazione però, fin dalle prime settimane, è stata, invece, quella che tale assunto si stesse
progressivamente disattendendo.
Il tempo scorreva senza affrontare apertamente una discussione politica che portasse ad una sintesi condivisa, con l’inevitabile conseguenza di far vacillare l’unità del cosiddetto Campo Largo.
A quel punto si è scelta la via della fuga dal confronto in campo aperto per rifugiarsi in una condotta lastricata di ombre e di bizantinismi formali mirati ad ottenere fittizie unanimità di partito fondate su Ordini del giorno, portati all’attenzione delle assemblee all’ultimo minuto e, puntualmente, resi inemendabili dai componenti che solo in quel momento ne leggevano i contenuti. Tutto basato sul richiamo alla responsabilità e ad una unità entrambe di facciata.
Lentamente il ruolo guida del Partito Democratico all’interno del tavolo del Campo largo è sembrato trasformarsi, appiattirsi su condotte in cui, pur di garantire accordi noti solo a pochi e fidati dirigenti, si è deciso di abdicare al ruolo di valorizzazione delle tante figure del centrosinistra capaci di offrire il proprio supporto alla guida dei processi, all’elaborazione delle idee e dei programmi utili al rilancio della Sardegna.
Ancora pochi giorni fa si annunciava la conclusione della stesura di una bozza di programma del centrosinistra predisposto da 120 persone che vi hanno lavorato su mandato del tavolo di coalizione del cosiddetto “Campo Largo”. Programma che ad oggi non è mai stato portato all’attenzione degli organi di Partito, che nessun circolo o federazione ha mai ricevuto o potuto contribuire a scrivere in supporto ai 120 estensori di cui pochi conoscono nomi e cognomi.
Il Partito Democratico avrebbe dovuto dare un contributo più forte al centrosinistra, con la sua storia ricca di esperienze, di figure autorevoli, di amministratori pubblici seri e competenti diffusi nel territorio in
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rappresentanza di una comunità politica che andrebbe valorizzata e coinvolta, non continuamente mortificata con scelte che spesso risultano incomprensibili, calate dall’alto ai circoli che, per prossimità, devono render conto dell’operato e delle scelte del partito agli elettori del proprio territorio. Questo modo di operare favorisce la disaffezione e la rassegnazione tra gli iscritti e nei circoli sempre meno presidiati.
All’interno degli organismi del PD, in più occasioni e a più livelli, alcuni hanno tentato di portare la discussione su queste preoccupazioni, su quanto le dinamiche politiche si stessero allontanando dalla condivisione e dalla reale possibilità di coinvolgimento su scelte che sempre più si stavano muovendo su binari che conducevano a pericolose derive accentratrici.
È stato più volte posto l’accento sulla necessità di valutare attentamente il metodo di scelta per l’individuazione del/la candidato/a alla Presidenza, al fine di trovare la più ampia condivisione nel partito prima ed in tutto il centrosinistra poi.
Nelle scorse settimane, al termine di un lungo filosofeggiare, si è scelto “per il bene dell’unità della coalizione” di rinunciare alle primarie, fondamentale strumento di consultazione popolare che, come accaduto in febbraio per la scelta del Segretario Nazionale e di quello Regionale, avrebbe coinvolto circoli, iscritte/i, elettrici/ori nella scelta della propria leadership.
Contestualmente si è deciso di non presentare alcuna candidatura del Partito Democratico al tavolo di coalizione, nonostante diversi autorevoli esponenti del nostro partito avessero mostrato in più sedi e in più occasioni di avere un’idea di Sardegna sulla quale potersi confrontare.
Sulla scia del richiamo continuo alla responsabilità e all’unità del centrosinistra, si è chiesto ai componenti di assemblea e direzione regionale di dare fiducia ai delegati al tavolo affinché fossero supportati nel loro unico obiettivo che è sempre stato l’unità del Centrosinistra.
Unità sul cui altare si è deciso di bruciare dignità e patrimonio di risorse umane di cui il partito dispone.
Ora che quel tavolo ha perso la tanto acclamata unità ci si chiede se sia giunto il tempo di fermarsi a riflettere sui possibili disastrosi scenari che si potrebbero aprire.
Non aver affrontato le complessità che c’erano dentro e fuori il tavolo di coalizione e non aver ascoltato chi da tempo pone con forza tali questioni è stato un grave errore che ha portato alla spaccatura del centrosinistra. Perseverare in questa condotta determinerebbe conseguenze politiche che in questi giorni si sono solo affacciate all’orizzonte; porterebbe ad un suicidio politico di cui saranno le parti più fragili della società sarda a pagare il prezzo più alto.
La Sardegna, nei prossimi anni, ha l’opportunità di scrivere un nuovo capitolo della propria storia, anche grazie alla disponibilità di straordinarie risorse economiche. Dovrà decidere come declinare, anche da un punto di vista sociale e occupazionale, la transizione energetica e digitale. Si dovrebbe aprire una nuova stagione di sviluppo industriale, manifatturiero e dei servizi.
Utilizzando le proprie prerogative autonomistiche dovrà, attraverso una gestione sostenibile dei “beni pubblici e comuni” garantirne l’accesso universale a tutti i Sardi.
Dovrà farlo mettendo al centro le persone, i loro bisogni, i loro progetti di vita, per questo su temi come la sanità e il welfare, i trasporti, la scuola, l’energia non possono esserci tentennamenti o divisioni di parte.
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Non si può rinunciare ad essere gli interpreti di questa necessità. Non si può non avere l’ossessione di una questione sociale che è il vero dramma della nostra isola. I dati forniti dalla Caritas rispetto alla povertà materiale e quelli che rivelano l’incredibile numero dei sardi costretti a rinunciare alle cure sono il contesto di analisi su cui agire con priorità e in modo trasversale e incisivo.
Le regionali del 2024 daranno alla Sardegna la classe dirigente che dovrà costruire risposte strutturali utili a trovare le soluzioni attraverso un dibattito diffuso e inclusivo di tutte le istanze sociali, intellettuali e produttive.
Per poter fare ciò occorre aprirsi alla costruzione di spazi di confronto e di condivisione, in modo che quella classe dirigente abbia una legittimazione forte e solida. Solo sentendosi parte attiva di un percorso si può invertire la rotta, tornare a coltivare la positività e superare la sfiducia nella politica e il conseguente astensionismo.
Queste sfide, queste responsabilità da cui, come “comunità politica” del maggior Partito del centrosinistra, non ci si può sottrarre, hanno bisogno delle migliori energie che il centrosinistra stesso può esprimere. Hanno bisogno di un richiamo alla responsabilità di tutti, non solo dei nostri mondi ma anche e soprattutto di una classe dirigente che ha il compito, il ruolo e il dovere di guidare i processi. Quando una via si chiude, si lavora per trovarne una seconda e una terza se necessario.
In gioco c’è il futuro della Sardegna e solo attraverso strumenti di partecipazione e condivisione democratica sulla scelta del/della candidato/a alla presidenza e sul programma, sarà possibile unire il POPOLO SARDO attorno ad una proposta alternativa in grado di sconfiggere la destra.
Il presente documento è aperto alla sottoscrizione da parte di qualunque iscritta/o al Partito Democratico che sia interessato e ne condivida il contenuto”.
Paolo Cassaro Caterina Deidda Martino Deidda Lidia Gioi Francesco Lecis Luca Madeddu Anna Paola Marongiu Roberto Martani Romina Mura Isabella Murtas Giuseppe Obinu Maria Obinu Luisa Pittau Pier Paolo Porcu Roberto Puddu David Puggioni Barbara Pusceddu Enrico Pusceddu Gabriele Sardu Giovanni Secci