ALGHERO – Un voto per la libertà: Domani la Catalogna è chiamata alle urne, in totale cinque milioni e mezzo di persone rinnovare il parlamento della comunità autonoma. Ma questo passaggio va ben oltre la scelta del nuovo governo. Queste elezioni hanno un’importante storica e fondamentale in tutto il paese perché gli indipendentisti hanno trasformato il voto in un plebiscito sulla secessione della Catalogna e anche perché tra due mesi scade il mandato del primo ministro conservatore Mariano Rajoy e la Spagna intera deve votare per eleggere il nuovo parlamento di Madrid. Il voto in Catalogna è stato anticipato dal presidente catalano e leader nazionalista Artur Mas dopo il rifiuto della capitale spagnola di concedere, nel 2014, il referendum sull’indipendenza.
Il 27 settembre i catalani andranno alle urne per rinnovare il parlamento regionale ed eleggere il nuovo presidente della Generalitat, il governo autonomo. Queste elezioni hanno un’importante valenza in tutto il paese perché gli indipendentisti hanno trasformato il voto in un plebiscito sulla secessione della Catalogna e anche perché tra due mesi scade il mandato del primo ministro conservatore Mariano Rajoy e la Spagna intera deve votare per eleggere il nuovo parlamento di Madrid. La coalizione per l’indipendenza è formato dalla coalizione Junts pel sí (Uniti per il sì, che raggruppa forze di sinistra e di centrodestra, tra cui Esquerra republicana e il partito centrista di Mas, Cdc) e dalla Candidatura di unità popolare, Cup. Insieme le due formazioni dovrebbero conquistare la maggioranza assoluta all’assemblea di Barcellona, anche senza ottenere il 50 per cento dei voti. Il numero di seggi da raggiungere è 68. Gli altri partiti in lizza sono il raggruppamento di sinistra Catalunya sí que es pot (Catalogna si può, favorevole a una maggiore autonomia ma non indipendentista e che comprende Iniciativa per Catalunya e Podemos), i moderati unionisti di Ciutadans, i socialisti e i popolari.
Intanto il 17 settembre la Commissione europea ha fatto sapere che se la Catalogna scegliesse l’indipendenza, diventerebbe uno stato terzo rispetto alla Spagna e all’Unione europea, e dovrebbe rinegoziare la propria adesione all’Unione. Questo fa capire quanto sia vicina la probabilità dell’indipendenza per la Catalogna. Un obiettito voluto e ricercato per un territorio che rappresenta un quinto dell’economia spagnola e cha ha radici storiche e sociali già, e sempre più, distanti dalla Spagna. Da evidenziare che nell’ipotesi di separazione, la squadra di calcio del Barcellona di Leo Messi è stata minacciata di dover lasciare la Liga. Fa specie che ad Alghero, in queste settimane, non si sia parlato di queste tematiche e che la politica, a partire dalle forze regionali che sbandierano autonomismo e indipendentismo, non abbia fatto alcun incontro e manifestazione a sostegno dei “fratelli catalani”. Salvo poi, è scontato, saltare sul carro dei prossimi vincitori. Al netto del solito nanismo locale: visca Catalunya indipendente.
Stefano Idili