ALGHERO – “Marco Di Gangi, socialista craxiano della prima ora, consigliere comunale di Alghero Viva a braccetto con Carlo Sechi, assessore provinciale di centrosinistra alla corte di Alessandra Giudici, poi sardista, e voila’, come niente fosse, ecco il salto della quaglia, coordinatore di Ama (non la ditta che gestisce i rifiuti a Roma, ma quel soggetto politico creato da Marco Tedde di cui pochi hanno memoria e che non arrivò neppure alle elezioni…), fugacemente in Forza Italia troppo affollata, e poi, udite udite, in EPI (Energie per l’Italia, ricordate la lampadina di Parisi? Battuto al fotofinish perfino da Tore Piana per la presidenza). Cosi i consiglieri di opposizione Gabriella Esposito, Mario Bruno, Pietro Sartore, Raimondo Cacciotto, Ornella Piras, Valdo Di Nolfo, Graziano Porcu, Roberto Ferrara e Mimmo Pirisi riguardo lo scontro riguardo il Turismo e in particolare l’assessore Di Gangi.
“Non gli basta: si fa coordinatore di Azione Alghero, formazione di estrema destra di stampo locale, per poi finalmente approdare alla principale formazione della destra nostalgica, con l’ingresso in Fratelli d’Italia. Giusto il tempo di ottenere l’assessorato, lui che voleva la fascia tricolore, si accontenta. Da assessore ancora nessuna performance, gli abbiamo dovuto anche riscrivere le regole del suo tavolino, per il resto vuoto pneumatico, forse sarà ancora alla ricerca di una stanza al Quarter. Dopo avergli ricordato da parte nostra che non si possono fare figli e figliastri nella amministrazione pubblica, in difficoltà per le scelte sul viaggio a Calella, ecco Calella 2. Nel sito istituzionale, solo promozione per le aziende della sua associazione. Si offende, perfino. Apriti cielo. L’Italia s’e’ desta. Anche il fratellino italiota in Consiglio Comunale esce con una debole difesa, proponendoci le ennesime citazioni dei suoi ascendenti diretti. Gli altri zitti, riparati, imbarazzati”.
“Questo riassunto (ci scusiamo se incompleto…) per dire che Di Gangi è stato tutto; e il contrario di tutto; prima di sinistra poi di destra, un po’ di centro, ieri indipendentista e oggi nazionalista, e che, come tutti quelli che sono stati in tutti i partiti possibili, come tutti coloro che cambiano di continuo abito e identità, probabilmente un’identità propria non la ha davvero. L’unica cosa che riesce a dire come un mantra è che chi ha perso le elezioni non può parlare, non può controllare, non può giudicare. È il concetto di democrazia di chi, passando dal socialismo alla destra più estrema, ha perso la bussola“.