ALGHERO – “Mi presento: mi chiamo Alberto Conoci, ho 19 anni, vivo ad Alghero e sto affrontando l’esame di maturità. Ho preso le decisione di scrivere solo adesso perché non volevo che questa lettera venisse vista come una squallida manovra elettorale. Ho quindi preso la decisione di scrivere dopo le elezioni per evidenziare la caratteristica apartitica del messaggio che, in linea con le decisioni prese finora, voglio arrivi a più persone possibile.
Poche settimane fa uno dei miei migliori amici, forse proprio il migliore, ha deciso che questo mondo non faceva per lui e se n’è andato, incurante di ciò che lasciava dietro a se. Non voglio soffermarmi troppo sul fatto in se, anche perché non avrebbe senso, quanto sul messaggio per il quale ho deciso di battermi.
Rivolgo il mio primo appello ai genitori, ai genitori di tutti i ragazzi, algheresi e non, che leggeranno questa mia piccola e veloce riflessione sui giovani del secondo millennio. Io vi prego di ascoltare i vostri figli. Fatelo quando sono felici, quando sono in ansia, quando sono tristi. Fatelo quando non vogliono parlare: in questo caso ascoltate il loro silenzio, perché a volte significa più di quanto sembri. Non fate l’errore di pensare che vada sempre e comunque tutto bene: ciò che mostriamo all’esterno può talvolta essere ingannevole e fuorviante. I problemi che per voi possono sembrare piccolezze, possono invece per noi significare tantissimo, dalla rottura con la prima fidanzata, alla bocciatura. Il fatto che voi li abbiate già affrontati e superati, non vuol dire che siano meno importanti per noi. Attenzione però, non sto cercando di insegnarvi ad essere genitori o di farvi la morale, sto solo cercando di evitare che una cosa così preoccupante non succeda più. So che forse ho una visione un po’ romantica e illusa, ma confido nel fatto di riuscire in qualcosa, di salvare almeno uno dei tanti ragazzi che in questo momento si sentono perduti. Prego gli “Adulti”, di non vedere il mondo dei giovani come qualcosa di separato, di inarrivabile da quello dei grandi. La società è compartecipata da entrambe le parti, e voi avete bisogno di noi.
Red era sempre allegro, aveva sempre una parola buona per tutti, riusciva a capire quando qualcosa andava storto anche solo con uno sguardo. Era estremamente sensibile. Vi chiedo quindi di non sentirvi soddisfatti nel vedere l’apparente spensieratezza dei vostri figli, andate sempre più in profondità, e se anche là vi sembra vada tutto bene, allora comunque non lasciate la presa: continuate su quella strada e non lasciate che quel sentore di felicità, anche se apparente, svanisca mai. A volte noi siamo scontrosi, vi rispondiamo male e sembriamo ingrati, ma comunque abbiamo bisogno di voi. Lasciateci, in ogni caso, i nostri spazi: starci troppo addosso equivale a starci troppo lontano, è logorante in egual misura.
Mi rivolgo ora ai miei coetanei, come un amico. Per voi, oltre all’ascolto dei vostri amici, si aggiunge un altro compito: quello di aprirvi e confidarvi, almeno con qualcuno. Non importa sia vostro zio, vostra sorella, il vostro cane o gatto. Parlate con chiunque. Parlate dei vostri problemi, parlate di com’è andata a scuola, parlate di qualsiasi cosa vi passi per la testa: dalla scemenza più piccola, al problema di più complicata risoluzione. Red era estremamente bravo nell’ascoltare. Dava sempre i consigli più giusti. Riusciva sempre a capire chiunque gli si parasse davanti, anche la persona più riservata. Non è però mai, o quasi, riuscito a sconfiggere i suoi demoni, forse proprio perché ha combattuto da solo. Non parlava spesso dei suoi problemi.
Quasi nessuno di voi ha idea di quanto possa far male scrivere del proprio migliore amico all’imperfetto; le mie lacrime bagnano la tastiera del computer. Avrei preferito non dover mai scrivere questa cosa. Avrei preferito stare con lui adesso, magari ripassando filosofia e storia, confidandoci ansie, paure e speranze riguardo all’esame di maturità, come due diciannovenni dovrebbero fare.
Non avrebbe mai voluto che passasse il messaggio che il suicidio è un’alternativa: non lo è. È terrificante pensare al male e al dispiacere che un gesto del genere può causare alle persone che ci stanno attorno, a come tutto si annulli, perda di importanza.
Coppà, la verità, non ne vale la pena. Pensa. Non ne vale la pena.
Chiudo con la sua descrizione, forse un po’ poetica e didattica, ma che trovo perfetta.
Red aveva il fisico statuario del Doriforo di Policleto, il biondo di Rimbaud, il bello di Oscar Wilde. Lui che era dolce come il glucosio, ma che poteva essere un acido. Studiava i limiti, ma non è riuscito a superare i suoi. Ha deciso di concludere come Madame Bovary ed il Giovane Werther. Lo ricorderemo come Foscolo avrebbe voluto: rendendogli omaggio nel suo luogo di sepoltura, quando finalmente la sua anima potrà essere trainata da un carro con due cavalli alati.”
Alberto Conoci, giovane algherese