ALGHERO – Il presidente e il direttore di Coldiretti Sardegna Battista Cualbu e Luca Saba, hanno inviato una lettera al presidente Pigliaru e ai Prefetti in cui si presenta il clima drammatico che si vive negli ovili sardi con il latte pagato dai trasformatori sotto i 60 centesimi. Situazione creata a causa proprio dei trasformatori che per circa un anno, hanno parlato di sovrapproduzione di latte, rivelatasi alla fine (come Coldiretti in solitaria diceva da tempo) falsa.
“In questo momento, purtroppo, – scrivono dalla Coldiretti – non c’è più tempo per cercare responsabili (ci sarà modo di riprendere il discorso in futuro) ma si chiedono al Presidente interventi immediati e concreti di sostegno diretto al reddito dei pastori e lo sblocco dei fondi del Psr, che consentano proprio ai produttori (gli unici senza colpa sui quali come sempre vengono fatte ricadere le inefficienze degli altri) di colmare le perdite dovute ad un prezzo del latte a cifre vergognose”
Gentile Presidente, la situazione del settore ovicaprino è oggi arrivata allo stallo. E’ ormai da un anno che abbiamo lanciato l’allarme sul pesante momento speculativo che si stava perpetrando alle spalle dei produttori di latte dell’isola. In quel momento abbiamo denunciato il fatto che ad un normale riallineamento della domanda all’offerta, si affiancavano voci ripetute ed ingiustificate di abnormi possibili produzioni di latte per via di una stagione invernale mite, tali da ipotizzare oltre 100 milioni di litri di latte ovino in più.
Tali dichiarazioni, che, noi da soli, solo con il conforto tecnico di una pubblicazione sui mass media del professore Giuseppe Pulina, abbiamo tentato di smentire, si sono poi rivelate una bufala. Ai 430 milioni di litri di latte che si prevedevano, la realtà dei fatti riporta per il 2016 a una produzione totale di latte lavorato in Sardegna sotto i 290 milioni di litri.
In quel caso abbiamo denunciato tutto, chiedendo garanzie di trasparenza insieme ai dati produttivi. In quel periodo è iniziato il percorso sull’interprofessione, fatto importante in un momento ancora positivo. Ma da subito abbiamo chiesto garanzie per tutti gli attori della filiera accompagnati da importanti interventi per la filiera: dal prestito di conduzione per evitare le “maledette” caparre, agli interventi di capitalizzazione del sistema cooperativo che, infatti, oggi è quello che soffre maggiormente il momento di crisi, essendo pesantemente sottocapitalizzato.
Nel frattempo, mentre la trasformazione non è riuscita a mettersi d’accordo ed ad arrestare la caduta del prezzo del Pecorino romano, si è continuato a dare le colpe dell’iperproduzione dello stesso formaggio al troppo latte, anche quando si sapeva che non vi era stata maggiore quantità di latte prodotto. Insomma la trasformazione sarda ha prodotto 356 mila quintali rispetto ai 300 mila del 2015 solo per paura che ci fosse troppo latte. Una paura letta da tutti gli attori del mercato, compresi i grandi compratori americani che quando hanno visto che il settore era in stallo hanno cominciato ad aumentare le pretese di sconto, portando il Pecorino romano a perdere 5 euro al chilo all’ingrosso nell’arco di un anno.
Noi siamo certi che un prezzo di 10 euro al chilo fosse difficilmente sostenibile dal mercato ma riteniamo anche che nessun intervento volontario di regolazione della produzione cosi come nessuna prudenza sulla gestione dei dati produttivi abbia portato ad una perdita stimabile per la filiera di circa 150 milioni di euro.
Ora, gentile Presidente, lo sa su chi si sta scaricando il rischio d’impresa della filiera? E chi pagherà le inefficienze di chi non è riuscito ad organizzarsi per evitare questo tracollo? I pastori. Come sempre. Infatti il prezzo del latte è passato da 1 euro di fine campagna 2015 ai 0,55 centesimi di euro di questa campagna.
Moltiplicando il differenziale di prezzo per il latte prodotto, cioè poco meno di 290 milioni, il conto è presto fatto: i pastori pagano la perdita dell’intera filiera di circa 150 milioni per una cifra pari a 130 milioni di euro.
Queste non sono favole. E’ quanto nel complesso perdono gli oltre 10 mila pastori della Sardegna. E’ per questo che chiedevamo un tavolo urgente sul prezzo del latte che non è mai stato convocato. E’ per questo che chiedevamo di interrompere il tavolo dell’interprofessione che, sino a che non si sarebbero chiariti bene i rapporti dentro la filiera, rischiava e rischia di diventare purtroppo un flop, soprattutto perché con un pagamento della materia prima a 55 centesimi di euro al litro (eccetto i pochi fortunati che hanno sottoscritto dei contratti a 80 ed 85 centesimi) moltissime aziende chiuderanno, dovendo sopportare perdite di ricavi eccessive, con un costo di produzione che si attesta nettamente al di sopra della remunerazione che si sta attualmente pagando.
Nonostante le nostre ripetute denunce in solitudine, solo ora altri, in modo assolutamente tardivo ed inadeguato, si accorgono dello stato di crisi del settore.
Oramai è tardi per correttivi o ripensamenti e non c’è neppure tempo per critiche e processi ai responsabili di questo sfascio (ci sarà tempo e modo per farlo). In ballo c’è (purtroppo senza enfasi) la sopravvivenza di un comparto, del quale conosciamo tutti l’importanza dal punto di vista economico, sociale, culturale e identitario.
Per evitarlo l’unica soluzione, in questo momento, è che si strutturino importanti sostegni diretti al reddito dei pastori, necessari per colmare queste perdite. Strada che non avremmo mai voluto chiedere perché i pastori della Sardegna sono dei veri e capaci imprenditori che non meritano di essere umiliati da un assistenzialismo inutile solo per colpa di chi si è dimostrato per l’ennesima volta incapace di programmare e organizzare il proprio lavoro, essendo abituato a privatizzare i profitti e socializzare i debiti, speculando e scaricando i problemi sull’anello più debole della filiera.
Ogni centesimo pubblico destinato al comparto dovrà avere una ricaduta certa e diretta sui pastori. Sarebbe un ulteriore schiaffo per i produttori e per i sardi tutti elargire solo un centesimo pubblico a chi chiuderà anche in tempo di crisi i bilanci in attivo perché lucra sulla propria filiera.
Le chiediamo inoltre un intervento straordinario per lo sblocco immediato dei fondi del Psr, con anticipi su indennità compensativa e su benessere animale, garantendo un filo di ossigeno e liquidità agli ovili.
In questo momento drammatico per le campagne sarde, la nostra massima Istituzione non può lasciare soli i suoi pastori, ma deve dare un segnale forte e concreto di vicinanza e sostegno, facendo intravedere uno spiraglio di luce e speranza ad un comparto che da tanto per la sua terra ma che spesso, soprattutto nei momenti difficili, non trova altrettanta solidarietà.
Nella foto un gregge di pecore
S.I.