La domanda è: può un Consiglio comunale dettare le regole per il funzionamento dei Comitati di quartiere o di borgata? La mia risposta è no, e vado a spiegarne i motivi. Alla fine, tuttavia, per non essere del tutto negativo nei confronti di una certa proposta, andrò anche a ipotizzare cosa, al massimo, può fare il Consiglio comunale a tal riguardo, senza che si configuri un abuso di potere o una sgradita ingerenza politica nel campo del libero associazionismo.
I Comitati di quartiere o di borgata sono libere associazioni di cittadini che hanno lo scopo di animare una porzione di comunità locale e/o portare all’attenzione dell’amministrazione pubblica le problematiche specifiche di un territorio. Il loro funzionamento di basa sulla partecipazione volontaria delle persone e, in genere, si danno delle regole interne di democrazia per eleggere un presidente o altri rappresentanti, o per assumere cer
. La loro vita è definita dal livello di coesione della comunità. Fare un regolamento comunale che definisca ufficialmente l’esistenza di questo o quel comitato è una forzatura, perché nega tutto ciò che è stato detto in precedenza e la libertà stessa dei cittadini di auto-organizzarsi quando, dove e come credono.
Può essere che siano certi Comitati a chiedere alla politica di intervenire sulle regole, o di avere una ufficialità che vada anche oltre le loro specifiche competenze di rappresentanza (ricordiamo che non sono organismi politici). Ebbene, è esattamente qui che la Politica con la P maiuscola deve saper fare il proprio mestiere, ribadendo l’autonomia delle associazioni di cittadini che nascono su base volontaristica. Diversamente si genera una specie di corto circuito, e i comitati sono interlocutori legittimati ad esserlo solo se sottostanno alle regole dettate dalla politica con la p minuscola, quella fatta da maneggioni e opportunisti. Questa politica scadente, come suo solito fare, non tarderà a fagocitare queste esperienze, per ricondurle a prassi vergognosamente clientelari.
L’attuale amministrazione, per dare più peso ai Comitati di quartiere o di borgata, ha delegato gli assessori a seguire più da vicino queste esperienze. Ora la proposta del gruppo consiliare PD è di andare anche oltre, scrivendo un regolamento, parte integrante dello Statuto comunale, che stabilisca le norme per il funzionamento di tali organizzazioni di tipo spontaneo. Se prima la politica istituzionale si affacciava alla porta, ora con questa proposta vuole sedersi anche sui tavoli! Cresce il livello di intrusione istituzionale all’interno di libere organizzazioni che se hanno un compito è quello di arginare il virus del malaffare politico e di richiamare l’istituzione (e non il contrario) alle proprie responsabilità. A questo punto sono davvero curioso di sapere come sarà suddivisa la città e il territorio, quali sono le cosiddette regole condivise, a quali condizioni un comitato spontaneo potrà essere rappresentato o preso in considerazione ecc. ecc. Mi sembra una follia, di assistere ad una rappresentazione dell’assurdo, per giunta creando vincoli anche a un documento importantissimo come lo Statuto comunale.
Mi è stato detto che la proposta nasce dall’esigenza di mettere ordine non tanto nei comitati di città ma in quelli di borgata. Se così fosse (e lo è), compito della politica è restituire coesione in quella comunità locale, e lo deve fare in chiave sussidiaria, cioè creando le condizioni per far dialogare le parti in causa e, nel contempo, salvaguardandone autonomia e capacità organizzativa. Se invece, attraverso un regolamento, si pensa di risolvere il problema scegliendo tra le parti chi sono i buoni e i cattivi, non si fa altro che peggiorare la situazione, esasperando la ribellione degli esclusi.
Vengo a chiudere con un’altra domanda: cosa può fare allora il Consiglio comunale? Solo una cosa: per esempio delegare il Presidente alla verifica degli Statuti dei vari comitati, per accertarsi che siano rispettate l’adesione volontaria, la democrazia interna, l’assenza di finalità lucrative e la non discriminazione. Accertato questo non ci sono più ragioni perché un qualsiasi comitato non possa interloquire con l’amministrazione pubblica. Ogni libera organizzazione è detta libera proprio perché adotta un regolamento scritto e/o condiviso dagli aderenti. Se invece il Consiglio comunale si assume l’onere di scrivere tali regolamenti bisogna dare ad ogni cosa il suo nome. Vuol dire che non si vogliono più le libere organizzazioni ma pseudo-circoscrizioni, dove sia possibile esercitare il controllo politico e orientare le decisioni, o anche impedirle.
*Tonio Mura (nella foto), algherese, con Enrico Loffredo ha fondato il gruppo di Città Solidale ed è stato segretario cittadino dei DS, quasi sino allo scioglimento e trasformazione del partito in PD. Attualmente è tesserato del PSD’AZ e faccio il militante semplice.