ROMA – “Chiediamo al ministro Lollobrigida un confronto aperto e franco con la categoria, per
evitare che la coltivazione della canapa in Italia sia ostacolata o addirittura impedita, al pari
di un'attività illegale e criminosa, a causa di pregiudizi infondati”. Così Gennaro
Scognamiglio, presidente nazionale dell'Unci AgroAlimentare.
“La coltivazione della canapa industriale – ha continuato il dirigente dell'associazione di
settore del mondo cooperativistico – ha una lunga e antica tradizione, in Italia e negli altri
Paesi del Mediterraneo, ma anche in altri continenti, da noi ripresa negli ultimi decenni, con
una molteplicità di impieghi: tessile, alimentare, cosmetico e farmaco-terapeutico. Una
filiera agricola, ma anche industriale, artigianale e commerciale, che oggi ha raggiunto una
dimensione di 15 mila addetti e un fatturato di 500 milioni di euro, con interessanti
prospettive di crescita.
Una attività fino a questo momento in piena regola, come qualunque altra coltivazione
alimentare, consentita dalla legge e anche incentivata dalle istituzioni, pur se non senza
alcune contraddizioni che ne hanno rallentato l'espansione, così come è avvenuto
contemporaneamente negli altri Paesi europei e per iniziativa della stessa Ue, che ha
uniformato il quadro normativo.
La canapa è una coltura multifunzionale e con un'alta sostenibilità ambientale, ideale per
un'agricoltura 4.0. Capace di adattarsi a diverse situazioni, permette la riduzione o
l'eliminazione di diserbanti e fitofarmaci – essendo resistente all'attacco di parassiti – , ha un
ridotto bisogno di acqua e svolge una funzione rinettante per i terreni, oltre che essere un
importante generatore di ossigeno.
I prodotti e i sottoprodotti realizzati con la pianta e tutte le sue parti, presentano
caratteristiche e qualità particolarmente significative: dalla resistenza dei filati per corde,
completamente ecologiche rispetto alle fibre sintetiche che in passato ne decretarono la
progressiva scomparsa, alla freschezza e comodità dei tessuti per abbigliamento, alle
benefiche caratteristiche organolettiche di alimenti, bevande e olii alimentari, agli effetti
terapeutici dei principi attivi contenuti in creme cosmetiche e farmaci, la resa della pasta di
cellulosa per carta e contenitori. Per non parlare degli utilizzi in bioedilizia, biocarburanti e
bioplastiche.
La cannabis sativa light e i suoi derivati, come il Cbd, non hanno dunque nulla a che vedere
con le sostanze stupefacenti. Le varietà utilizzate sono tutte inserite nel Registro europeo
delle semen ti, certificate dall'ente nazionale preposto (in Italia il Crea, emanazione del
Ministero dell'Agricoltura), contengono rigorosamente percentuali bassisime di Thc (che
come verificato da tutti gli organismi scientifici e sanitari nazionali e internazionali non
determinano alcuna alterazione) e l'avvio dell'attività prevede una comunicazione ai
Carabinieri forestali.
Ma purtroppo un decreto ministeriale e l’emendamento al Ddl Sicurezza rischiano di
criminalizzare un settore importante, senza alcuna ragione. Così si determineranno danni
ingenti ai lavoratori e alle imprese, si colpisce chi ha investito in tali attività, si taglia fuori
l'Italia da un mercato in forte evoluzione ed espansione, creando contrasti normativi e
giuridici con gli altri Paesi Ue, e si penalizzano i consumatori”.
“Da parte nostra – conclude Scognamiglio – confidiamo nella ragionevolezza, nella
concretezza e nella capacità di ascolto dimostrate sinora dal ministro e nella possibilità di
proseguire il lavoro di rilancio del settore primario, attraverso il dialogo e la verifica dei
problemi direttamente sul campo, che anche in questo caso è necessario adottare”.