SASSARI– «Nessuna situazione drammatica o di affanno in Malattie Infettive ma necessità di dover far fronte alla situazione di emergenza che si è creata in questi giorni, dopo i numerosi ricoveri di pazienti arrivati nella nostra struttura dalle aree turistiche del Nord Sardegna». È la spiegazione del direttore della clinica di viale San Pietro a Sassari, professor Sergio Babudieri, che per garantire una migliore organizzazione lavorativa della struttura, ha richiamato a lavoro il personale in ferie programmate a settembre.
«Una scelta dovuta – aggiunge – perché attualmente, nella nostra clinica e in brevissimo tempo, il numero dei ricoverati è in aumento. Parliamo di 17 pazienti, dei quali 3 si trovano in sub intensiva e 3 in terapia intensiva, questi ultimi gestiti nella nostra struttura con il supporto fondamentale degli anestesisti-rianimatori guidati dal professor Pier Paolo Terragni».
Al momento, infatti, il centro focale dell’attività si svolge nella sola palazzina di Malattie infettive, separata da tutte le altre strutture assistenziali dell’Aou di Sassari.
«Siamo in una fase di ripresa della malattia – aggiunge professor Terragni – abbiamo avuto diversi ricoveri a vari livelli di complessità che abbiamo centralizzato nella clinica diretta da professore Babudieri».
Secondo il direttore della Rianimazione di viale San Pietro, «allo stato attuale la tipologia di presentazione della patologia segue quella che abbiamo sperimentato all’inizio dell’anno, e cioè sono malati con particolari problemi, con comorbilità che predispongono al peggioramento polmonare. Abbiamo, però – prosegue –, anche i casi di pazienti che hanno avuto una espressione della malattia semplicemente dal punto di vista respiratorio».
Intanto, però, il professor Terragni precisa che l’Azienda «sta attrezzando tutta la disponibilità assistenziale e il potenziamento del trattamento dei pazienti all’interno dell’hub. Questo in previsione di una ripresa pandemica, secondo anche le indicazioni dettate dal Ministero e dall’Unità di crisi locale».
Secondo i due specialisti è importante adesso il ruolo del territorio: «In questo momento – afferma Pier Paolo Terragni – dobbiamo lavorare molto sul territorio, supportare i pazienti per quanto si può nella situazione di gestione domiciliare e dare disponibilità, come già stiamo facendo, ai casi più delicati e complessi, fino a quelli che entrano in terapia intensiva».
«Il virus è sempre lo stesso – precisa Sergio Babudieri – mentre è cambiato il fatto che noi abbiamo imparato a conoscerlo. Oggi è possibile fare delle diagnosi precoci sul territorio e trattare questi pazienti anche a domicilio. In questo modo è possibile favorire la loro guarigione e ridurre il numero dei ricoveri ospedalieri».
Secondo Babudieri, infine, «la malattia sembra evolvere in modo sfavorevole in alcune delle persone in cui non è stata fatta una diagnosi precoce. E se il virus si diffonde nella nostra popolazione, ovviamenti, al pari dell’influenza, verranno colpite le persone più fragili, cioè gli anziani e coloro che soffrono di più patologie. La sfida, in questo momento, è non fare arrivare il virus a queste persone», conclude.