SASSARI – Renato Soru a Sassari su emergenza sanità: «Serve un investimento
straordinario sul capitale umano. Urgente riprendere i lavori del SS
Annunziata. No all’ipotesi dello spostamento AOU verso il Mater Olbia».
Tecnologia, opere pubbliche ma soprattutto un investimento straordinario che supporti e valorizzi il personale medico sanitario. Sono queste le
tre macro aree emerse ieri, nella sala Angioy della Provincia di
Sassari, dalle conclusioni che Renato Soru – candidato alla Presidenza
della Regione Sardegna – ha portato all’incontro “Garantire il Diritto
alla Salute – L’emergenza sanità in Sardegna”.
«Tutti abbiamo esperienza, per diversi motivi, delle problematiche
legate alla sanità pubblica. Liste di attesa lunghissime, oltretutto
sottostimate, personale carente, mal pagato e demotivato da scelte
politiche e amministrative che stanno portando ad un declino
assistenziale dal quale è necessario uscire immediatamente».
«Interessante è notare – sottolinea Soru – come tutta l’attenzione sia
oggi concentrata sulla medicina territoriale. Ma è opportuno che mi
esponga, chiaramente, su quanto sta accadendo in merito alle
infrastrutture ospedaliere. L’attuale giunta ha recentemente dichiarato
che sono pronte le risorse per finanziare la costruzione di quattro
nuovi, grandi ospedali. E cosa sta accadendo invece per il Santissima
Annunziata di Sassari? E per l’Azienda Ospedaliera Universitaria?»
Soru ha ripercorso quanto accaduto negli anni in merito ai lavori di
ricostruzione – e ammodernamento – di una struttura che a suo tempo si
scelse di riconfermare al centro di Sassari. «Ci fu un importante
confronto, si scelse di mantenere l’attuale localizzazione, fu
commissionato e approvato il progetto. E furono avviati i lavori che –
come spesso accade – con i cambi di amministrazione sono stati poi
bloccati. Bisogna riprendere il progetto già pronto del Santissima
Annunziata, subito. Bisogna invertire il costante atteggiamento politico
che ad ogni nuova elezione annulla quanto scelto e avviato dalla
precedente amministrazione. La più grande riforma sanitaria sulla quale
dobbiamo puntare è far funzionare la riforma sanitaria che abbiamo»
L’intervento di Renato Soru spazia dall’analisi del potenziale della
telemedicina, alle esigenze più pratiche che coinvolgono i medici di
famiglia nei processi di digitalizzazione, per i quali sono necessari
adeguati percorsi formativi e in alcuni casi un lavoro di affiancamento
diretto con dei tutor, presenti come supporto negli ambulatori.
«Sappiamo che oggi il 15% delle persone rinuncia a curarsi. Per costi e
tempi spesso inadeguati con le esigenze. L’infrastruttura più importante
per la medicina non sono gli ospedali ma tutto il personale, medici,
infermieri e tecnici. Va fatto subito un grande piano di investimento
straordinario sull’assunzione di nuovo personale, e sulla
stabilizzazione di chi è presente.
Abbiamo visto numeri e statistiche che evidenziano un elevato numero di
medici?
Eppure ora le statistiche non contano. Conta il fatto che in molti paesi
non ci siano i medici».
Nel merito, sullo sviluppo delle case della salute, Renato Soru
sottolinea l’importanza di dover guardare senza pregiudizi o ideologie
«dove può funzionare in maniera ottimale e dove invece questo sistema
non ha senso di esistere. Ci sono realtà locali nelle quali possiamo
immaginare un più adeguato sviluppo di aggregazioni funzionali a livello
territoriale, dove 5, 6 o più medici di uno stesso territorio possono
supportarsi nell’assistenza costante ai pazienti: è possibile. E per
esserlo è indispensabile che si lavori al vero sviluppo del fascicolo
sanitario elettronico. Senza più falle che creano sfiducia in un
sistema, a danno di tutta la collettività. La digitalizzazione è
importante, al 100%.
Sull’Azienda Ospedaliera Universitaria «Sono fortemente in disaccordo
all’idea di un possibile spostamento dell’AOU verso il Mater Olbia. Se
dovesse nascere un policlinico universitario olbiese, Sassari perderebbe
anche la facoltà di medicina. Se sarò io a governare la Regione
Sardegna, farò tutto ciò che sarà possibile per incentivare lo sviluppo
di questi studi. Sono contrario al numero chiuso ed è fondamentale che i
nostri nuovi medici siano messi da subito nelle condizioni di lavorare e
di prestare il supporto alla comunità. Occorre valorizzare queste
professioni che, per tutti, rappresentano una parte fondamentale per la
crescita e lo sviluppo di ogni comunità».