CAGLIARI – Lettera aperta degli editori e direttori responsabili delle testate on-line sarde riguardo la legge di finanziamento attuata dalla Giunta Pigliaru, e in particolare dall’assessore Firino, che di fatto penalizza le realtà minori indicando dei parametri per accadere ai finanziamenti piuttosto difficili da ottemperare viste le diffuse difficoltà economiche del settore e in generale del tessuto sociale regionale.
Gentile Assessore Firino,
lo scorso 25 luglio, la Giunta regionale, accogliendo una Sua proposta, ha approvato una delibera di «Sostegno alle testate giornalistiche on line», con uno stanziamento di 200mila euro per l’anno 2016, riconoscendo finalmente, come scritto nel documento, «pari dignità con gli altri media dell’informazione».
L’iniziativa era stata accolta con entusiasmo dai ‘piccoli editori’ del web che, seppure con pochissimi mezzi, da anni si cimentano nel mercato dell’informazione sarda. Avendo fatto immaginare un aiuto che potesse servire a ‘reggere il peso’ di un’attività entusiasmante, ma allo stesso tempo onerosa e faticosa e, finora, mai considerata dalle Istituzioni regionali. Un «sostegno» per contribuire alla crescita, al consolidamento e ad un progressivo miglioramento.
Purtroppo, pur riconoscendo il Suo merito nell’aver intrapreso una nuova strada, la pubblicazione dei requisiti (circa un mese dopo la delibera, con scadenza mercoledì 21 settembre) si è trasformata in una ‘doccia fredda’. Infatti, l’impostazione del contributo come rimborso delle «spese ammissibili sostenute» nell’anno precedente alla delibera, rischia di vanificare l’intenzione di aiutare questi piccoli editori, che spesso devono fare i conti con una struttura organizzativa ancora in fase embrionale e che quindi contavano sul «sostegno» con l’obiettivo di far crescere e migliorare la propria attività editoriale.
Fatti salvi i necessari criteri burocratici e le caratteristiche (per esempio, l’aggiornamento periodico) che consentono di distinguere una testata giornalistica da altri siti generici (blog, aggregatori di notizie ecc.), pochissimi editori, finora, si sono potuti concedere il lusso di assumere giornalisti applicando i «contratti nazionali» (come indicato nei requisiti), anche perché in tante situazioni la figura dell’editore corrisponde a quella di un giornalista che, facendosi imprenditore di se stesso, diventa direttore della sua testata on line, contribuendo così certamente ad implementare l’occupazione, ma non i ‘contratti’ o le ‘buste paga’. Spesso, agevolando, con la loro ‘supervisione’, l’inserimento nel mondo del giornalismo di alcuni giovani che intendono affacciarsi alla professione e compiono il percorso obbligatorio verso l’iscrizione all’Ordine dei Giornalisti in queste piccole testate.
Pochi editori decidono di sostenere i «costi per gli abbonamenti ai notiziari delle agenzie di stampa» (una delle quattro voci di spesa ammesse), sia per il costo, sia perché le stesse testate sono piccole ‘agenzie’ nei territori, fonti primarie di notizie. Inoltre, le «spese per la manutenzione ordinaria della rete e del sito web» sono veramente poca cosa nel bilancio generale di una testata.
Se poi si considera che le «spese generali» riferite alla sede redazionale della testata non possono superare il «10% del costo totale delle attività», si escludono in buona parte le ulteriori voci di spesa certe e certificabili. Alla luce di queste brevi, e necessariamente sintetiche, considerazioni, il rischio è che possa essere estremamente ridotto il numero delle testate ammesse a contributo, rispetto a quelle effettivamente operative, con ulteriore pericolo di perdere parte dello stanziamento previsto e di vanificare le lodevoli intenzioni del Suo provvedimento.
Se ci è permesso fare una proposta, almeno per i primi tre anni, certamente sperimentali, sarebbe opportuno puntare su un reale «sostegno», così da consentire alle testate on line di avviare un percorso di crescita dell’organizzazione e di miglioramento del prodotto giornalistico, rendendole maggiormente competitive nel difficile mercato editoriale. Quindi, per sfruttare al massimo lo stanziamento previsto sarebbe preferibile ripartirlo in almeno tre forme di finanziamento: una forfettaria ai possessori dei requisiti burocratici e delle minime caratteristiche; una per incentivare la regolarizzazione di qualche collaboratore; una sotto forma di contributo per l’aggiornamento tecnologico. Confidando nella possibilità di incontrarLa a breve per illustrare meglio queste righe, Le inviamo distinti saluti.
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