CAGLIARI – La Corte Costituzionale respinge il ricorso sugli accantonamenti ma nella sentenza ci sono almeno tre elementi favorevoli alla Regione messi nero su bianco dai giudici: non ci può essere nessuna imposizione unilaterale di nuovi tributi, non è ammissibile l’allungamento a tempo indeterminato degli accantonamenti e c’è la assoluta necessità di tenere conto, prima di qualunque decisione, delle singole situazioni economiche in cui si interviene. Proprio da questi elementi riparte la battaglia della Giunta per chiedere la forte riduzione degli accantonamenti.
“La sentenza tocca in modo importante la componente accantonamenti che riguarda il finanziamento alla sanità: non riceviamo contributi dal sistema nazionale ma ci viene chiesto di sostenerlo e questo è un evidente paradosso”, spiega il presidente della Regione Francesco Pigliaru. “Il terreno di confronto è politico e una sentenza sfavorevole non ci può convincere a desistere. C’è un accordo con lo Stato – prosegue il presidente Pigliaru -, ma se le entrate vengono progressivamente ridotte violando in modo sistematico quanto stabilito dall’articolo 8 dello Statuto, quell’accordo viene meno per decisione unilaterale. Per questo è necessario tornare a fare un forte, robusto appello alla leale collaborazione, punto per noi fondamentale. Sentirò subito anche gli altri presidenti delle Regioni a Statuto speciale accomunate dalla stessa sentenza per valutare un’azione comune che porti ai risultati che vogliamo”.
“Siamo assolutamente convinti delle nostre ragioni sulla questione degli accantonamenti e già da oggi rilanciamo la battaglia per il riconoscimento dei nostri diritti. Una battaglia che vogliamo accelerare e combattere insieme a tutta la maggioranza e non solo, perché appartiene a tutta la Sardegna e vogliamo garantire pari diritti ai nostri cittadini”, sottolinea Paci. “Dal 2012 abbiamo pagato 3 miliardi e 300 milioni di accantonamenti, è il momento di dire basta. Siamo di fronte a una sentenza complessa, che ovviamente rispettiamo e che ricordo interviene sulla correttezza procedurale senza entrare nel merito. A noi spetta invece il confronto politico e una ferma rivendicazione: non cederemo di un passo, perché quei 700 milioni all’anno che ci vengono chiesti sono soldi nostri, che vogliamo poter usare per politiche di sviluppo e crescita calibrate sulle necessità della Sardegna. Con questi accantonamenti viene di fatto cambiato lo Statuto della Sardegna arbitrariamente, perché si porta la nostra compartecipazione nel caso per esempio dell’Irpef, da 7 a 5 decimi, modificando una norma di rango costituzionale con una legge normale. Allora andiamo avanti, si apre un confronto e se serve anche un conflitto – conclude Paci -. Lo Stato non ci può imporre accantonamenti perpetui senza scadenza”.
“La sentenza di oggi è inaccettabile, a maggior ragione a fronte del percorso virtuoso che la Regione ha avviato negli ultimi anni in Sanità. Stiamo soppesando la spendita di ogni euro – sottolinea l’assessore Arru – riuscendo al contempo ad assicurare cure importanti come quella per le persone con epatite C o le terapie con farmaci innovativi. Il diritto alla salute è garantito costituzionalmente e i pazienti sardi non sono cittadini di serie B”. Nella sentenza i giudici scrivono anche che, in virtù delle norme di attuazione che hanno chiuso la vertenza entrate, lo Stato non può rivendicare riserve erariali con la Sardegna. Proprio oggi la Giunta ha impugnato per la seconda volta il decreto del ministro dell’Economia e delle Finanze che prevede di tenere nelle casse dello Stato, appunto come riserve erariali, il maggior gettito generato dalle tasse automobilistiche in conseguenza di una legge del 2006, poco meno di 4milioni e mezzo di euro. “Una cifra non enorme, ma noi lo impugniamo per una questione di principio – spiega Paci -. Nelle norme di attuazione è stabilito con molta chiarezza che alla Regione Sardegna non si applicano le riserve erariali se non in caso di eventi eccezionali e imprevedibili. Quindi, ancora una volta, quei 4 milioni devono restare nelle nostre casse”.
Nella foto Paci, Pigliaru e Arru
S.I.