ALGHERO – Il matrimonio tra Partito Democratico e Partito dei Sardi non s’ha da fare. Almeno a livello nazionale, con probabili riflessi anche in Regione, c’è la rottura o meglio la mancata condivisione di un percorso utile a garantire al movimento di Maninchedda (almeno) un posto sicuro in Parlamento. Da tempo, chi segue i fatti della politica, sa che il seggio certo doveva essere quello del Nuorese e Ogliastra. E sarebbe stato lo stesso ex-assessore regionale della Giunta Pigliaru e già consigliere regionale con le maggioranze di Soru e Cappellacci a chiedere di essere inserito in lista. Ma, come detto, l’accordo è saltato.
Del resto c’erano malumori in entrambe le parti. In casa dem, a parte l’apertura del segretario Cucca, c’è stato l’aut-aut di Soru che ha parlato del rapporto tra “costi e benefici” rispetto all’imbarcarsi candidati di altri partiti minori. Mentre la base del Pds vedeva (giustamente) non positivamente trovare spazio in un partito “romano” e non, come annunciato dalla stampa, in un cosi detto “polo sardo” che potesse presentarsi anche alle politiche.
Ed è la stessa forza politica che si dichiara indipendentista (anche se poi governa in Regione con partiti nazionalisti) a fare chiarezza con un documento reso pubblico a seguito di un vertice tenutosi ad Oristano. “Il Partito dei Sardi ritiene dunque che il tempo non sia maturo per una alleanza col Pd alle elezioni politiche italiane, perché non sono maturate le condizioni per trasformarle in un evento nazionale sardo. Il Direttivo Nazionale dà mandato al Segretario di continuare nell’azione di dialogo con le forze indipendentiste e democratiche interessate a far sentire la voce del popolo sardo, a far sentire la voce dell’obiezione nazionale della coscienza sarda, e costruire la convergenza nazionale dei sardi.
Nella foto Paolo Manichedda
S.I.